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ORDINANZA INGIUNZIONE NEI CONFRONTI DI TELECOM LTALIA S.P.A. - 18 GENNAIO 2018

 

Registro dei provvedimenti
n. 16 del 18 gennaio 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

RILEVATO che l'Ufficio del Garante, con atto n. 25953/107139 dell'8 settembre 2016 (notificato in pari data mediante posta elettronica certificata), che qui deve intendersi integralmente riportato, ha contestato alla società Telecom Italia S.p.A. (di seguito "Tim S.p.A."), in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Milano, via Gaetano Negri n. 1, C.F. 00488410010, le violazioni previste dagli artt. 23, 130, 154, comma 1, lett. c), 162, comma 2-bis, 162, comma 2-ter e 164-bis, comma 2, e 167 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lg. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito denominato "Codice");

RILEVATO che dall'esame degli atti del procedimento sanzionatorio avviato con la contestazione di violazione amministrativa è emerso, in sintesi, quanto segue:

- il Garante ha adottato, in data 22 giugno 2016, il provvedimento n. 275 (in www.gpdp.it, doc. web n. 5255159), al quale integralmente si fa richiamo, all'esito dell'istruttoria di un procedimento amministrativo avviato nei confronti di Tim S.p.A.;

- il procedimento ha tratto origine da numerose segnalazioni pervenute all'Autorità, con le quali sono stati lamentati contatti telefonici indesiderati a scopo promozionale da parte di Tim S.p.A. nei confronti di soggetti che non avevano prestato il consenso al trattamento dei dati per tale finalità;

- l'istruttoria svolta dall'Ufficio ha consentito di appurare che Tim S.p.A. ha pianificato e realizzato, attraverso società partner designate quali responsabili del trattamento, una campagna di contatti telefonici denominata "recupero consenso", che aveva l'intento di acquisire il consenso al trattamento dei dati personali per finalità promozionali da parte di coloro che non lo avevano mai reso ovvero che lo avevano revocato; la campagna "recupero consenso" è stata condotta nei confronti di tutti gli ex-clienti di Tim S.p.A. che non avevano prestato il consenso all'utilizzo dei propri dati per finalità promozionali;

- la campagna "recupero consenso" è stata effettuata nell'anno 2015 ed ha comportato l'utilizzo dell'intera base di dati dei clienti cd. "cessati e non consensati", pari a circa 2.000.000 di anagrafiche;

- è stato osservato nel provvedimento del Garante che "gli accertamenti svolti con riguardo all'intera campagna di Telecom "Recupero Consenso", che ha interessato circa 2.000.000 di utenze (per la precisione 1.976.266 […]), hanno consentito di appurare che la società ha effettuato operazioni di trattamento […] finalizzate allo svolgimento di attività promozionali in violazione della disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali e con particolare riferimento alla mancanza di consenso degli interessati […]; Peraltro, la società, oltre a rendersi autrice delle violazioni di legge sopra richiamate rispetto ad una platea amplissima di interessati, ha al contempo posto in essere una condotta contraria alla prescrizione già impartita nei suoi confronti dal Garante con il provvedimento del 30 maggio 2007 (doc. web n. 1412598); in base ad essa Telecom, infatti, era tenuta ad adottare «le misure necessarie per rendere il trattamento dei dati conforme alle disposizioni vigenti per ciò che concerne, specificamente, la possibilità di effettuare chiamate di carattere pubblicitario, promozionale o commerciale solo nei confronti di soggetti per i quali risulti documentato in modo adeguato il preventivo consenso informato rispetto al contatto telefonico […]». Di tale prescrizione Telecom non ha in concreto tenuto conto in relazione alle utenze oggetto della campagna "Recupero consenso"";

RILEVATO che con il citato atto dell'8 settembre 2016 sono state contestate a Tim S.p.A.:

- ai sensi dell'art. 162, comma 2-bis, del Codice, la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 23 e 130, comma 3, con riferimento alla mancata acquisizione del consenso nei trattamenti di dati personali svolti in relazione alla campagna "recupero consenso";

- ai sensi dell'art. 162, comma 2-ter, del Codice, la violazione dell'art. 154, comma 1, lett. c), in relazione all'inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento del Garante del 30 maggio 2007 (in www.gpdp.it, doc web n. 1412598), con riferimento alla "possibilità di effettuare chiamate di carattere pubblicitario, promozionale o commerciale solo nei confronti di soggetti per i quali risulti documentato in modo adeguato il preventivo consenso informato rispetto al contatto telefonico";

- la violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice, con riferimento alla circostanza che Tim S.p.A. ha commesso le violazioni di cui sopra, in relazione a banche dati di particolare rilevanza e dimensioni;

VISTO il rapporto relativo all'atto di contestazione di cui sopra, predisposto dall'Ufficio ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal quale risulta non essere stato effettuato il pagamento in misura ridotta in relazione alla violazione di cui all'art. 162, comma 2-bis, del Codice, mentre risulta essere stato effettuato il pagamento in relazione alla violazione di cui all'art. 162, comma 2-ter; preso atto, altresì, che per la violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice non è prevista la possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta;

LETTI gli scritti difensivi del 23 novembre 2016, che qui si intendono integralmente richiamati, nei quali, allegando anche copia del ricorso presentato da Tim S.p.A. all'Autorità giudiziaria (Tribunale civile di Milano) avverso il provvedimento n. 275 del 22 giugno 2016, si rappresenta:

- "Telecom, nel corso di una campagna denominata "Recupero Consensi", ha contattato telefonicamente parte dei propri ex clienti che non avevano rilasciato il consenso ad esser contattati in futuro (o che lo avevano formalmente negato), al solo ed esclusivo fine di verificare se i medesimi intendessero "cambiare idea", e rilasciare il proprio consenso ad essere ricontattati per ricevere informazioni promozionali sulle nuove offerte: la logica e la dichiarata finalità della campagna, non a caso denominata "Recupero Consensi" proprio perché relativa a soggetti cd. "non consensati", non era quindi quella di collocare un prodotto (o di svolgere attività promozionali), bensì quella, ontologicamente diversa, di verificare se, in un contesto temporale diverso da quello in cui l'ex cliente non aveva prestato il consenso o aveva manifestato la propria volontà di non esser contattato telefonicamente, lo stesso avesse intenzione di modificare la propria scelta. I dati finali di tale campagna, che ha visto ca. 280.000 clienti contattati (pari quasi il 70% del totale) "cambiare idea" e prestare il proprio consenso, dimostrano come la stessa non fosse fondata su presupposti peregrini o strumentali, ma incontrasse, al contrario, la possibilità di un fisiologico mutamento di opinione da parte di chi aveva in precedenza preso una diversa posizione.";

- "Il Garante, sulla base di una utilizzazione a tratti non lineare degli esiti delle varie ispezioni svolte, pare aver ritenuto […] che il sopra descritto contatto con ex clienti fosse al contrario da considerarsi di per sé come una comunicazione di carattere promozionale e dunque effettuabile alla luce delle norme di riferimento […] solo in presenza di un preventivo consenso dei soggetti contattati";

- "è il Codice Privacy, agli artt. 130 e 23 impropriamente richiamati dal Garante, che qualifica in modo chiarissimo quelle che possono esser definite come attività promozionali o con finalità promozionali, e cioè a dire quelle poste in essere "per l'invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale (cfr. art. 130, comma 1, richiamato dall'art. 130, comma 3 - cfr. anche art, 7 comma 4 lett. b), ed art. 140, tutti impostati sulla medesima definizione). Se quindi un operatore economico pone in essere una attività di contatto con un interessato realizzata attraverso la chiamata con operatore (fattispecie disciplinata dall'art. 130, comma 3, per esclusione rispetto a quelle di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo), esiste un presupposto sostanziale e formale affinché quella chiamata possa considerarsi ricompresa nell'ambito di applicazione della norma che, tramite il rinvio all'art. 23, ne vieta la effettuazione in assenza del consenso (appunto, l'art. 130 comma 3), e tale presupposto è compiutamente individuato dal Legislatore nel fatto che quella telefonata sia qualificabile come comunicazione commerciale, o, come la definisce il Garante, comunicazione promozionale. Affermare, come di fatto fa il Provvedimento, che è sempre e comunque vietata una attività di contatto telefonico finalizzata alla sola verifica della volontà di un interessato di cambiare idea, e manifestare un consenso che precedentemente era stato negato, significa quindi estendere il concetto stesso di attività "promozionale" o "con finalità promozionali" ben oltre il suo ben delineato perimetro normativo";

- "con la presente si comunica che la Scrivente si è avvalsa della facoltà di pagare in misura ridotta solamente la contestazione di cui al capo b) per un importo di 60.000 euro entro i termini indicati da codesta Autorità";

- "Posto quanto sopra, per quanto possa occorrere in questa fase, e con specifico riguardo alla determinazione dell'ammontare delle sanzioni amministrative di cui ai capi a) e c) dello contestazione in relazione agli elementi da tenere in considerazione anche ai sensi dell'art. 11 della L. n. 689/1981, si evidenzia quanto segue: in ordine all'aspetto della gravità della violazione, si sottolinea come lo condotta tenuto da Telecom, ove sanzionabile, abbia comunque avuto una portata molto più limitata di quella indicata nello contestazione, atteso che le chiamate realmente effettuate non hanno riguardato 1.976.226 utenti, bensì, come peraltro evidenziato nel Provvedimento, "contatti utili per circa 400.000 soggetti" (il 70% dei quali ha poi fornito il consenso), atteso che "circa il 50% delle numerazioni presenti nella base doti oggetto di contatto sarebbe risultata inesistente" […]; per quanto riguarda l'opera svolta da Telecom, si evidenzia la piena collaborazione prestata dalla Società nel procedimento che ha portato all'adozione del Provvedimento, nonché le iniziative immediatamente assunte dalla Società, delle quali si è già data evidenza nelle precedenti comunicazioni; in relazione alle condizioni economiche dell'agente, si evidenzia inoltre che Telecom nell'ultimo anno ed in linea con gli anni precedenti ha subito una consistente perdita di esercizio […]. Gli elementi sopra evidenziati sono forniti in modo da determinare l'eventuale sanzione anche in considerazione dei criteri già seguiti da codesta Autorità nell'applicazione di sanzioni ad altri fornitori di servizi di comunicazione elettronica di fronte a condotte sicuramente più rilevanti, come ad es. nell'ordinanza ingiunzione n. 300 del 18 ottobre 2012 (doc. web 2368171), nell'ambito della quale, o fronte di contatti illegittimamente avvenuti nei confronti di oltre 9 milioni di interessati ad opera di un fornitore di servizi di comunicazione elettronica già destinatario di consistenti provvedimenti ingiuntivi, l'ammontare della sanzione pecuniaria comminata ai sensi dell'art. 164-bis, comma 2 del Codice è stata determinata nello misura di euro 150.000,00 (centocinquantamila), aumentata poi fino ad euro 300.000,00 (trecentomila) ai sensi dell'art. 164-bis, comma 4, del Codice";

RITENUTO che le argomentazioni addotte non risultano idonee a determinare l'archiviazione del procedimento sanzionatorio avviato con la contestazione di cui sopra:

- deve, in primo luogo, evidenziarsi che il ricorso in opposizione avverso il Provvedimento del Garante n. 275 in data 22 giugno 2016, è stato rigettato dal Tribunale di Milano, sezione prima civile in composizione monocratica, con sentenza n. 5022/2017 del 5 maggio 2017;

- nella richiamata sentenza si rappresenta che "pur avendo l'opponente concepito la campagna come non diretta alla immediata conclusione di contratti e neppure alla formulazione di proposte, la natura promozionale sia ontologicamente connessa alla stessa. Innanzitutto, sin dallo script consegnato ai fornitori di servizi, le nuove offerte di Telecom, alla cui comunicazione l'utente è invitato a dare il consenso, sono sin da subito qualificate come "più interessanti rispetto a quando era nostro cliente", affermazione di evidente contenuto promozionale, anche se non specificamente argomentata in relazione al contenuto dei diversi contratti promovendi. Ma soprattutto, Telecom ha effettuato il trattamento di un dato (l'utenza telefonica) che gli era stato inibito dalla volontà, esplicita o implicita, del titolare per ottenere un ripensamento finalizzato in via diretta, univoca ed esclusiva ad una campagna promozionale e di vendita telefonica. Non a caso, sia pure previa esplicita richiesta del contattato, e dopo la formulazione del consenso, Telecom aveva previsto le modalità dì contestuale promozione dei singoli contratti ed anche la possibilità di immediata conclusione del rapporto contrattuale, il che è avvenuto in circa 5.000 casi";

- più in generale la sentenza ricorda che "risulta evidente il ruolo centrale del consenso dell'interessato nella legittimazione del trattamento, in tutti i casi in cui non vi sia una esplicita previsione normativa che ne legittimi l'acquisizione, peraltro sempre prevedendosi il diritto dell'interessato alla piena conoscenza, alla rettifica o cancellazione dei dati non conformi ai principi della direttiva (e norme nazionali di attuazione) per particolari motivi preminenti e legittimi (art. 14 Dir. 95/46 e 7 D.lvo 196/03)" e che "il principio su cui si fonda la garanzia del titolare rispetto al trattamento dei suoi dati personali da parte di soggetti privati (o enti pubblici economici) è l'espressione di un consenso esplicito ex art. 23 Codice Privacy (salve le eccezioni di cui al successivo art. 24)";

- pertanto, mentre Tim S.p.A., nelle sue argomentazioni difensive, si concentra sul profilo della qualificazione giuridica dell'attività di contatto dei soggetti cd. "cessati non consensati", la stessa non tiene in conto che qualunque trattamento di dati personali, indipendentemente dalla sua natura promozionale o meno, svolto da soggetti privati, deve essere effettuato previa acquisizione di un valido consenso ai sensi dell'art. 23 del Codice ovvero in presenza di una delle condizioni in base alle quali il consenso può non essere acquisito, indicate nel successivo art. 24;

- l'aver qualificato i soggetti che dovevano essere contattati nell'ambito della campagna "recupero consenso" come "cessati e non consensati" rappresenta la prova che Tim S.p.A. ha inteso svolgere dei trattamenti di dati personali nei confronti di interessati che non avevano rilasciato il consenso previsto dall'art. 23 del Codice e verso i quali la società non poteva opporre alcuna delle condizioni in base alla quali il consenso può non essere acquisito, in particolare quella indicata nell'art. 24, comma 1, lett. b), del Codice (trattamenti effettuati per l'esecuzione di un contratto di cui è parte l'interessato);

- peraltro, nel caso in argomento, come sottolinea anche il Tribunale di Milano, appare incontestabile la finalità promozionale dei contatti telefonici, sia per le caratteristiche delle chiamate che sono state effettuate dai partner commerciali di Tim S.p.A. (come descritte nel provvedimento n. 275/2016), in tutto assimilabili a quelle che vengono effettuate nel corso di un'ordinaria campagna pubblicitaria, sia per il fatto che la stessa Tim S.p.A. non ha evidenziato alcun'altra finalità di trattamento per la quale sarebbe stato necessario richiedere il consenso degli interessati. Anzi, la società ha rappresentato che i contatti telefonici erano finalizzati a verificare se gli interessati intendessero "cambiare idea" rispetto a precedenti dinieghi del consenso per trattamenti promozionali o pubblicitari, cosicché l'attività di contatto risulta direttamente funzionale alla realizzazione di campagne pubblicitarie dei prodotti e dei servizi di Tim S.p.A;

- del resto, ragionando a contrario e ammettendo che sia da considerare pienamente esperibile da parte di ciascun soggetto privato il contatto di coloro che hanno espresso il diniego al trattamento dei propri dati per finalità promozionali e pubblicitarie, con l'intento di verificare la sussistenza di un eventuale ripensamento, dovrebbe concludersi che non appena un interessato eserciti il diritto previsto dall'art. 7, comma 4, lett. b), del Codice opponendosi ai trattamenti di cui sopra, l'immediata conseguenza sarebbe quella di essere esposto incessantemente a contatti telefonici del titolare del trattamento finalizzati ad ottenere la revoca di tale opposizione. E' di tutta evidenza che una siffatta interpretazione tradisce lo spirito della norma la quale mira invece a tutelare il diritto dell'interessato a non diventare il target, senza il proprio preventivo consenso, di attività pubblicitarie e di tutte le connesse attività prodromiche e preparatorie che si sostanziano in contatti telefonici non richiesti e quindi indesiderati o di disturbo;

- per le ragioni di cui sopra deve pertanto affermarsi la responsabilità di Tim S.p.A. per la contestata violazione di cui all'art. 162, comma 2-bis;

- deve ritenersi sussistente la responsabilità di Tim S.p.A. in ordine alla violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice poiché la violazione di cui al punto precedente e quella di cui all'art. 162, comma 2-ter, del Codice (per la quale la società ha provveduto al pagamento della sanzione in misura ridotta), sono state realizzate in relazione ad una banca dati di particolare rilevanza e dimensioni, come confermato dalla Società medesima;

RILEVATO, quindi, che Tim S.p.A, sulla base delle considerazioni sopra richiamate, risulta aver commesso, in qualità di titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett. f), e 28 del Codice:

a) la violazione prevista dall'art. 162, comma 2-bis, del Codice, per aver svolto trattamenti di dati personali finalizzati alla realizzazione di contatti telefonici a carattere promozionale, senza aver acquisito dagli interessati il prescritto consenso ai sensi degli artt. 23 e 130 del Codice;

b) la violazione prevista dall'art. 162, comma 2-ter, del Codice, per non aver dato adempimento alle prescrizioni del Garante, impartite ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c), del Codice, con il provvedimento del 30 maggio 2007 (violazione per la quale la società ha provveduto al pagamento della sanzione in misura ridotta);

c) la violazione prevista dall'art. 164-bis, comma 2, per aver commesso le violazioni di cui ai punti a) e b) in relazione ad una banca dati di particolare rilevanza e dimensioni;

VISTO l'art. 162, comma 2-bis, che punisce la violazione delle disposizioni indicate nell'art. 167, tra le quali figurano gli artt. 23 e 130, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10.000 a euro 120.000; l'art. 162, comma 2-ter, del Codice che punisce l'inosservanza dei provvedimenti di prescrizione adottati dal Garante con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro (sanzione per la quale è intervenuto il pagamento della sanzione in misura ridotta da parte di Tim S.p.A.); l'art. 164-bis, comma 2, del Codice che punisce le violazioni di un'unica o più disposizioni indicate nella parte III, titolo III, capo I del Codice (ad eccezione di quelle previste dagli articoli 162,  comma  2,  162-bis  e  164), commesse in relazione ad una banca dati di particolare rilevanza e dimensioni, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 50.000 ad euro 300.000;

CONSIDERATO che, ai fini della determinazione dell'ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 689/1981, dell'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, della gravità della violazione, della personalità e delle condizioni economiche del contravventore;

CONSIDERATO che, nel caso in esame:

a) in ordine all'aspetto della gravità con riferimento agli elementi dell'entità del pregiudizio o del pericolo e dell'intensità dell'elemento psicologico, le violazioni risultano connotate da gravi elementi di specificità giacché Tim S.p.A. ha intrapreso una attività di contatto telefonico rivolta a soggetti che avevano espresso una chiara volontà di segno contrario, raggiungendoli con comunicazioni indesiderate o di disturbo. Tim S.p.A. ha svolto la predetta attività sulla base di una scelta consapevole e non per mera negligenza, avendo acquisito, nel corso degli anni, attraverso la costante interlocuzione con il Garante, tutti gli elementi interpretativi che le avrebbero dovuto consentire di assumere delle decisioni in linea con l'ordinamento vigente e con gli orientamenti dell'Autorità, espressi in molteplici provvedimenti fra i quali quello indirizzato alla stessa Tim S.p.A. del 30 maggio 2007;

b) ai fini della valutazione dell'opera svolta dall'agente, deve essere considerato il fatto che la società abbia, nei termini stabiliti dal Garante con il provvedimento n. 275 del 22 giugno 2016, provveduto ad inserire l'intero data-base dei clienti cd. "cessati non consensati", in una black-list al fine di evitare futuri contatti, e ad annullare i consensi raccolti nel corso della campagna "recupero consenso";

c) circa la personalità dell'autore della violazione, deve essere considerata la circostanza che la società risulta gravata da numerosi precedenti procedimenti sanzionatori definiti in via breve o a seguito di ordinanza ingiunzione (tra i quali si evidenzia quello definito con ordinanza-ingiunzione n. 433 del 3 ottobre 2013, in www.gpdp.it, doc. web n. 2726332, riguardante la medesima materia del contatto, per finalità promozionali, di soggetti che avevano revocato il proprio consenso, esercitando i diritti previsti dall'art. 7, comma 4, lett. b), del Codice);

d) in merito alle condizioni economiche dell'agente, è stato preso in considerazione il bilancio d'esercizio per l'anno 2016;

RITENUTO, quindi, di dover determinare, ai sensi dell'art. 11 della L. n. 689/1981, l'ammontare della sanzione pecuniaria, in ragione dei suddetti elementi valutati nel loro complesso, nella misura di:

- euro 60.000 (sessantamila) per la violazione di cui all'art. 162, comma 2-bis, del Codice;

- euro 150.000 (centocinquantamila) per la violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice.

RITENUTO inoltre che, in relazione alle condizioni economiche del contravventore, avuto riguardo in particolare ai dati relativi al patrimonio netto, all'utile complessivo dell'esercizio e all'ammontare dei ricavi e dei proventi operativi, nonché alla circostanza che Tim S.p.A. risulta a tutt'oggi, quanto a numero complessivo di linee di telefonia fissa e mobile, l'azienda leader del settore delle telecomunicazioni in Italia, le sopra indicate sanzioni pecuniarie risultano inefficaci e devono pertanto essere aumentate del quadruplo, come previsto dall'art. 164-bis, comma 4, del Codice (sanzione di cui all'art. 162, comma 2-bis, da € 60.000 a € 240.000; sanzione di cui all'art. 164-bis, comma 2, da € 150.000 a € 600.000);

VISTA la documentazione in atti;

VISTA la legge n. 689/1981, e successive modificazioni e integrazioni;

VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000, adottato con deliberazione del 28 giugno 2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

ORDINA

a Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Milano, via Gaetano Negri n. 1, C.F. 00488410010, di pagare la somma di euro 840.000 (ottocentoquarantamila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate in motivazione;

INGIUNGE

alla predetta società di pagare la somma di euro 840.000,00 (ottocentoquarantamila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l'adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall'art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 18 gennaio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

 
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