Qualunque attestazione di stato civile riferita ad una persona adottata deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e senza l'annotazione della sentenza di adozione. Le notizie sullo stato di adozione di una persona possono essere fornite da un ufficiale pubblico solo su espressa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Lo ha chiarito il Garante intervenendo su un caso [doc. web n. 2187244] [clicca qui per approfondimento ]sottoposto da un uomo che contestava al Comune di aver rilasciato ai parenti dell'interessato la copia integrale del suo atto di nascita con incluse le informazioni sul provvedimento giudiziario riguardante la sua adozione. I funzionari comunali ritenevano che la consegna del documento recante le informazioni sull'adozione fosse giustificata dalla necessità degli eventuali eredi di poter difendere i propri diritti in sede giudiziaria.
L'Autorità, interpellata dal Difensore Civico a cui aveva chiesto aiuto l'interessato, ha però spiegato che la normativa vigente prevede una particolare protezione dei dati sulle adozioni: qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato può essere rilasciata solo con l'indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore. La legge prevede, infatti, che le indicazioni sul rapporto di adozione possano essere fornite solo su espressa autorizzazione dell'autorità giudiziaria. L'ufficiale di stato civile del Comune avrebbe quindi commesso una illecita comunicazione di dati personali a soggetti diversi dal diretto interessato.
Il Garante ha quindi vietato ai parenti dell'uomo l'ulteriore utilizzo delle informazioni sull'adozione contenute nella copia dell'atto di nascita. Ha poi prescritto al Comune di fornire al proprio personale di stato civile adeguate istruzioni per evitare che si commettano ulteriori violazioni sui dati relativi alle persone adottate. Il provvedimento è stato inoltre trasmesso all'autorità giudiziaria che potrà valutare gli eventuali illeciti penali commessi.
Fonte Garante Privacy