Un elemento importante si è aggiunto di recente al dibattito in corso sulla legittimità delle richieste che varie società discografiche e di altri settori stanno avanzando alle autorità giudiziarie di più Paesi europei per costringere gli Internet provider a comunicare loro i nominativi degli utenti associati agli indirizzi Ip che risultano coinvolti in attività di filesharing (condivisione di file, in particolare musicali o video, basata sul sistema detto peer-to-peer), a causa della presunta violazione del copyright associata a tali attività.
Si tratta delle conclusioni dell'avvocato generale Juliane Kokott relative ad un caso attualmente all'esame della Corte di giustizia dell'Ue (causa n. C 275/06 in curia.europa.eu) che vede un'associazione spagnola di produttori musicali (Promusicae) opposta al principale gestore telefonico spagnolo (Telefònica). Le conclusioni chiariscono che le disposizioni del diritto comunitario in materia di protezione dei dati nelle comunicazioni elettroniche permettono di trasmettere i dati sul traffico delle comunicazioni personali soltanto alle competenti autorità statali, e non direttamente ai titolari di diritti d'autore che intendano far valere in sede civile la violazione dei loro diritti.
In altri termini, nessuna direttiva europea in materia di comunicazioni elettroniche consente di comunicare a soggetti privati dati relativi al traffico delle comunicazioni, se non in presenza di gravi e circostanziati motivi quali il fatto che la violazione del copyright sia commessa a scopo di lucro, e quindi in modo da pregiudicare gravemente gli interessi economici del titolare del diritto.
Neppure la direttiva 2006/24, sulla cosiddetta "data retention", che prevede l'obbligo per i fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico di conservare comunque una serie di dati di traffico, consente questo tipo di comunicazioni. Tuttavia, tale conservazione è finalizzata all'indagine, all'accertamento ed al perseguimento di reati gravi e i dati in questione possono dunque essere trasmessi soltanto alle autorità nazionali competenti.
Si attende ancora il pronunciamento della Corte di giustizia sul caso, ma la posizione dell'Avvocato generale sembra allinearsi a quella di varie Autorità per la protezione dei dati di Paesi europei. Sul punto è in corso un articolato dibattito che coinvolge, a vari livelli ed in più sedi internazionali, i soggetti interessati. Recentemente, inoltre, vi sono state alcune decisioni di autorità giudiziarie tedesche (Offenburg, Hanover, Berlino) che hanno respinto le richieste di accesso ai dati Ip formulate da varie società discografiche con motivazioni molto simili a quelle utilizzate nelle conclusioni del giudice Kokott.
Come indicato dall'Avvocato generale, il legislatore comunitario ha sempre fatto salve le disposizioni in materia di tutela dei dati personali (sia nella direttiva sul commercio elettronico, 2000/31, sia in quella sulla tutela della proprietà intellettuale, 2004/48), e "non ha ritenuto opportuno limitare la tutela dei dati personali a favore di una tutela della proprietà intellettuale".
Filesharing: dubbi della Corte di giustizia dell'Ue
Un elemento importante si è aggiunto di recente al dibattito in corso sulla legittimità delle richieste che varie società discografiche e di altri settori stanno avanzando alle autorità giudiziarie di più Paesi europei per costringere gli Internet provider a comunicare loro i nominativi degli utenti associati agli indirizzi Ip che risultano coinvolti in attività di filesharing (condivisione di file, in particolare musicali o video, basata sul sistema detto peer-to-peer), a causa della presunta violazione del copyright associata a tali attività.
Si tratta delle conclusioni dell'avvocato generale Juliane Kokott relative ad un caso attualmente all'esame della Corte di giustizia dell'Ue (causa n. C 275/06 in curia.europa.eu) che vede un'associazione spagnola di produttori musicali (Promusicae) opposta al principale gestore telefonico spagnolo (Telefònica). Le conclusioni chiariscono che le disposizioni del diritto comunitario in materia di protezione dei dati nelle comunicazioni elettroniche permettono di trasmettere i dati sul traffico delle comunicazioni personali soltanto alle competenti autorità statali, e non direttamente ai titolari di diritti d'autore che intendano far valere in sede civile la violazione dei loro diritti.
In altri termini, nessuna direttiva europea in materia di comunicazioni elettroniche consente di comunicare a soggetti privati dati relativi al traffico delle comunicazioni, se non in presenza di gravi e circostanziati motivi quali il fatto che la violazione del copyright sia commessa a scopo di lucro, e quindi in modo da pregiudicare gravemente gli interessi economici del titolare del diritto.
Neppure la direttiva 2006/24, sulla cosiddetta "data retention", che prevede l'obbligo per i fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico di conservare comunque una serie di dati di traffico, consente questo tipo di comunicazioni. Tuttavia, tale conservazione è finalizzata all'indagine, all'accertamento ed al perseguimento di reati gravi e i dati in questione possono dunque essere trasmessi soltanto alle autorità nazionali competenti.
Si attende ancora il pronunciamento della Corte di giustizia sul caso, ma la posizione dell'Avvocato generale sembra allinearsi a quella di varie Autorità per la protezione dei dati di Paesi europei. Sul punto è in corso un articolato dibattito che coinvolge, a vari livelli ed in più sedi internazionali, i soggetti interessati. Recentemente, inoltre, vi sono state alcune decisioni di autorità giudiziarie tedesche (Offenburg, Hanover, Berlino) che hanno respinto le richieste di accesso ai dati Ip formulate da varie società discografiche con motivazioni molto simili a quelle utilizzate nelle conclusioni del giudice Kokott.
Come indicato dall'Avvocato generale, il legislatore comunitario ha sempre fatto salve le disposizioni in materia di tutela dei dati personali (sia nella direttiva sul commercio elettronico, 2000/31, sia in quella sulla tutela della proprietà intellettuale, 2004/48), e "non ha ritenuto opportuno limitare la tutela dei dati personali a favore di una tutela della proprietà intellettuale".
Fonte Garante Privacy