Trasfusioni più sicure con le impronte digitali. Il Garante privacy ha autorizzato un'azienda ospedaliera a utilizzare un sistema di sicurezza trasfusionale basato sulla rilevazione delle impronte digitali di operatori sanitari e pazienti per prevenire errori di identificazione dei malati o delle sacche di sangue. Con l'introduzione del sistema biometrico si vuole garantire anche la reale presenza del personale sanitario nella prima fase della trasfusione, la più delicata. L'azienda intende così assicurare la tracciabilità del sangue e la corretta associazione tra paziente, campione prelevato e sacca di sangue o di emoderivati durante la trasfusione. Se i dati sono incongruenti il sistema si blocca.
L'Autorità (relatore Mauro Paissan) ha ritenuto l'uso delle impronte digitali proporzionato alla delicatezza delle informazioni da trattare e ai rischi connessi all'incolumità e alla salute dei pazienti, ma ha prescritto all'azienda l'adozione di alcuni specifici accorgimenti per innalzare i livelli di tutela dei dati personali. I dati dei pazienti non potranno essere conservati per più di sette giorni e l'azienda dovrà individuare preventivamente i casi in cui ritenga necessario protrarre i tempi di conservazione fino a trenta giorni. I dati di medici e infermieri potranno essere conservati nel terminale portatile solo per la durata del loro incarico presso il reparto trasfusionale e dovranno essere cancellati subito dopo. Per coloro che non intendono sottoporsi alla rilevazione biometrica l'azienda ha previsto modalità di identificazione alternative (assegnazione di codici personali, braccialetti con codici a barre). L'ente ospedaliero dovrà curare la designazione, quali responsabili, delle società esterne che trattano i dati relativi alle operazioni eseguite durante le trasfusione, specificando nel dettaglio le misure di sicurezza da osservare.
Il progetto sottoposto all'Autorità si basa sull'uso di un terminale portatile presente in reparto, di un lettore di codici a barre, un sensore per la rilevazione delle impronte digitali e un software che trasforma le immagini delle impronte in un codice numerico. Prima della trasfusione, paziente e operatore sanitario poggiano un dito sul sensore biometrico, creando un file temporaneo con l'immagine dell'impronta che viene trasformata in un codice e immediatamente distrutta. Il terminale non registra dati personali quali nome, cognome, data di nascita, ma unicamente codici numerici, conservati direttamente nel portatile e dal quale non possono essere estratti in alcuna maniera. Il terminale non ha infatti porte di accesso o connessioni in rete e i dati (ora di inizio e fine delle trasfusioni, codice del paziente e dell'operatore sanitario, gruppo sanguigno ecc.) sono trasferiti al server e agli altri terminali dell'ospedale via radio.
fonte Garante Privacy