Più della metà dei consumatori rinuncia a servirsi degli strumenti offerti dal commercio elettronico per timore di ricevere spam, e oltre l’80% chiede ai governi di imporre il consenso preventivo (opt-in) per l’invio di messaggi commerciali.
Sono questi i risultati più eclatanti di un sondaggio online promosso dal TransAtlantic Consumer Dialogue (TACD), un organismo che riunisce 65 associazioni per la tutela dei consumatori in Europa e negli USA, e reso pubblico in occasione della recente conferenza OCSE sullo spam tenuta il 2-3 febbraio scorsi (v. Newsletter 19-25 gennaio 2004).
Il sondaggio, che è stato effettuato fra settembre e dicembre 2003, ha riguardato 21.102 persone di 36 diversi Paesi. Attraverso un questionario online contenente 16 quesiti a risposta multipla sono stati saggiati gli umori ed i punti di vista dei consumatori in materia di spam (la Relazione finale è disponibile al seguente indirizzo: http://www.tacd.org/...).
I consumatori hanno indicato chiaramente di considerare lo spam un grave elemento di disturbo (96%), e addirittura l’84% ha chiesto di vietarlo espressamente per legge. E’ significativo che tali percentuali non varino in misura importante nei 36 Paesi presi in considerazione.
Soprattutto degna di nota è la netta preferenza accordata al consenso preventivo (opt-in) quale approccio da seguire per tutte le comunicazioni commerciali (82%), e all’uso di etichette per segnalare la natura del messaggio in arrivo (ad esempio: ADV per “Advertisement” nel campo “Oggetto” dei messaggi di posta elettronica); l’80% ha indicato di gradire tale soluzione.
Che lo spam rappresenti un grave ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico è dimostrato dal fatto che il 52% dei consumatori hanno detto di aver ridotto o rinunciato alle transazioni commerciali online per il timore di essere bersagliati successivamente da messaggi indesiderati. Inoltre, solo il 17% considera efficaci i filtri anti-spam oggi disponibili, anche se il 62% dichiara di farne uso. Oltre il 90% teme per la possibile esposizione dei minori ai messaggi di spam (che spesso hanno contenuto pornografico).
Sulla base del sondaggio, il TACD ha formulato una risoluzione con la quale:
invita l’Amministrazione USA ed i governi europei a collaborare per armonizzare la legislazione in materia di spam (ricordiamo che il CAN-SPAM Act recentemente entrato in vigore negli USA prevede il ricorso all’opt-out per le comunicazioni commerciali indesiderate, mentre la Direttiva europea 2002/58 in materia di privacy e comunicazioni elettroniche privilegia il consenso preventivo), ed a promuovere in altre regioni del mondo approcci normativi fondati sul rispetto del diritto fondamentale alla privacy;
sollecita gli Internet provider e gli altri soggetti operanti su Internet ad adottare tutte le misure tecniche e giuridiche necessarie per bloccare lo spam, a mettere a disposizione degli utenti filtri anti-spam di facile applicazione, ed a fornire un’informativa adeguata sui diritti e le opzioni disponibili rispetto allo spam;
invita governi europei e Amministrazione USA a collaborare con le associazioni per la difesa dei consumatori, Internet provider, imprese di marketing ed altri soggetti interessati per potenziare la tutela dei minori rispetto allo spam;
sollecita i governi a garantire l’applicazione delle norme di legge relative allo spam a livello nazionale, regionale e transatlantico.
fonte: comunicazioni ufficiali del Garante per la protezione dei dati personali (Reg. al Trib. di Roma n. 654 del 28 novembre 2002)