L’impiego di sistemi biblioteconomici automatizzati che utilizzino etichette “intelligenti” (basate sulla tecnologia in radiofrequenza, RFID) comporta rischi potenziali che devono essere valutati attentamente per evitare di compromettere, nel lungo periodo, la libertà di pensiero.
Queste le indicazioni che esperti di alcune associazioni per le libertà civili negli USA (Privacy Rights Clearinghouse, e Electronic Frontier Foundation) hanno fornito all’American Library Association – Intellectual Freedom Committee lo scorso 10 gennaio, in occasione di un incontro pubblico a San Diego, in California (http://www.privacyrights.org/...). Il dibattito attualmente in corso sui benefici e sui rischi dei sistemi RFID ha infatti investito anche le biblioteche, che negli USA stanno valutando l’impiego di tali sistemi per semplificare la gestione dei prestiti e tenere traccia dei singoli volumi con maggiore precisione.
Gli esperti delle due associazioni sottolineano la necessità di tenere conto dell’evoluzione futura della tecnologia RFID, che attualmente ha natura proprietaria (ossia, è utilizzata da singoli produttori per garantire una migliore gestione dei propri prodotti), ma in futuro potrebbe diventare uno standard generale: alcune case editrici, ad esempio, stanno sperimentando l’impiego di etichette intelligenti su tutta la produzione editoriale. I rischi per la libertà di pensiero evidenziati durante l’incontro riguardano, in particolare, la possibilità che siano commercializzate pubblicazioni (libri, riviste, ecc.) recanti specifiche etichette RFID in rapporto all’utenza, in maniera tale che i testi riservati alle biblioteche verrebbero “marcati” in modo specifico.
Gli esperti raccomandano, pertanto, un’analisi ampia e dettagliata delle tecnologie RFID applicate al settore bibliotecario, per consentire una scelta consapevole basata sulla valutazione di rischi e benefici, soprattutto alla luce dei rischi potenziali per la privacy e le libertà civili. In particolare, alcuni principi fondamentali in materia di protezione dei dati devono trovare applicazione anche in rapporto all’uso di dispositivi RFID in ambito bibliotecario. Si tratta di principi che negli USA sono conosciuti come “Fair Information Practices” e che coincidono in buona parte con i principi elaborati nell’Unione Europea e fissati nella Direttiva 95/46/CE:
fornire agli utenti un’informativa accurata relativamente all’impiego di dispositivi RFID (quali pubblicazioni rechino etichette RFID, dove siano ubicati i lettori di tali etichette), posizionata in modo visibile e formulata con chiarezza, escludendo forme “occulte” di lettura di tali dispositivi e specificando le finalità del loro utilizzo;
limitare i dati raccolti a quelli indispensabili per le finalità in questione, evitando l’inserimento di dati personali (criptati) nelle etichette RFID;
garantire idonee misure di sicurezza (trasmissione dei dati, accesso ai relativi database, cifratura);
assicurare agli utenti la possibilità di ottenere soddisfazione in caso di quesiti e/o reclami.
Fonte: comunicazioni ufficiali del Garante per la protezione dei dati personali (Reg. al Trib. di Roma n. 654 del 28 novembre 2002).